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Lavoro a chiamata

La disciplina del lavoro a chiamata è dettata dal D.Lgs 81/2015 che ha abrogato le precedenti disposizioni normative in materia.

Tempo determinato e indeterminato

Il lavoro a chiamata, detto anche Intermittente o Job on call, è una particolare tipologia di lavoro subordinato che, in presenza di particolari condizioni oggettive e soggettive, prevede lo svolgimento di attività discontinue da rendersi a seconda delle necessità del datore di lavoro. Attraverso il lavoro intermittente, il lavoratore una volta assunto, a tempo determinato o indeterminato, si pone a disposizione del datore di lavoro e rende la sua attività lavorativa solo nel momento in cui viene chiamato dal datore di lavoro. Pertanto questa particolare tipologia contrattuale prevede l’alternarsi di periodi in cui non viene resa attività lavorativa, perché il lavoratore semplicemente attende di essere chiamato, e periodi di effettivo svolgimento delle lavorazioni. Le parti potranno concordare un obbligo a carico del lavoratore di rispondere alla chiamata del datore di lavoro. In tal caso, il lavoratore resta a disposizione del datore di lavoro per tutta la durata del contratto e si obbliga ad eseguire la prestazione lavorativa in maniera intermittente a seconda dell’esigenza dell’azienda. In cambio della garanzia di disponibilità fornita, il lavoratore riceve un compenso denominato indennità di disponibilità. In assenza di un’espressa pattuizione della garanzia di disponibilità, il lavoratore seppur assunto alle dipendenze del datore, non è obbligato ad accettare la chiamata del datore e pertanto non matura il compenso economico per l’indennità di disponibilità.

Ambito di applicazione

Il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato:

  • per esigenze individuate da contratti collettivi stipulati da associazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale o territoriale. I contratti collettivi possono prevedere anche periodi predeterminati nell’arco della settimana, nel mese, o nell’anno durante i quali possono essere rese le prestazioni lavorative.
  • in ogni caso, prescindendo quindi dal tipo di attività svolta, con soggetti che abbiano più di 55 anni e soggetti con meno di 24 anni (quindi al massimo 23 anni e 364 giorni), fermo restando in tale caso che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro 25 anni.

Pertanto per la stipulazione del contratto a chiamata, in assenza del requisito anagrafico, occorrerà valutare se il contratto collettivo di settore individua le attività per le quali è ammessa la tipologia contrattuale o se prevede specifici periodi dell’anno durante i quali la stessa è ammessa. In assenza di tale previsione da parte del CCNL, la possibilità di procedere alla costituzione del rapporto di lavoro andrà valutata con riferimento al decreto del Ministero del lavoro (R.D. n. 2657) all’interno del quale è possibile riscontrare un’elencazione di attività le quali è ammissibile il lavoro intermittente.

Limitazioni

Per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, il lavoro intermittente è ammesso nei limiti delle 400 giornate effettivamente lavorate nell’arco di 3 anni solari. Il conteggio delle prestazioni dovrà essere effettuato, a partire dal giorno in cui si chiede la prestazione, a ritroso di tre anni (Circ. Min. Lav. 35/2013). Sono esonerate dal rispetto del limite delle 400 giornate le imprese del settore Turismo, Pubblici Esercizi, Spettacolo (Interpello Min. Lav. 26/2014).

Adempimenti amministrativi

  1. In quanto rapporto di lavoro subordinato, l’assunzione del lavoratore a chiamata deve essere oggetto di comunicazione obbligatoria preventiva all’Anpal mediante Unilav. All’atto dell’assunzione il datore di lavoro dovrà consegnare al lavoratore la copia della comunicazione obbligatoria o del contratto di assunzione.
  2. A partire dalla data di assunzione, il datore di lavoro potrà chiamare il lavoratore per l’esecuzione della prestazione secondo le modalità previste in contratto e con un preavviso che non può essere inferiore a un giorno.
  3. Prima della prestazione il datore deve comunicarne gli estremi all’Ispettorato Nazionale del Lavoro attraverso il modello UNI-intermittente

Sanzioni

In caso di mancato invio all’Ispettorato Nazionale del Lavoro dell’UNI-intermittente, è prevista una sanzione amministrativa da euro 400 a euro 1400 per ogni lavoratore per il quale è stato violato l’obbligo, senza possibilità di applicare la procedura di diffida.

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